Published May 25, 2024 | Version v3
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TACCUINO #7

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In questo settimo, esploriamo la figura del criminale massimo come manifestazione estrema della disgregazione culturale della nostra epoca. In un mondo che si alimenta del tramonto dei suoi stessi valori, ci interroghiamo su chi davvero comprenda e affronti il disagio esistenziale generato dal crepuscolo occidentale. La nostra analisi si concentra su una realtà dominata da personalità narcisistiche e perverse, in cui il carnefice sociale agisce non solo per una carenza di controllo, ma per una mancanza strutturale di quelle facoltà che dovrebbero guidare lo sviluppo umano.

Ci addentriamo in una riflessione su fenomeno ed essenza, su cosa dell'essere si possa percepire e comprendere, sollevando il problema del linguaggio come strumento convenzionale e inadeguato. La parola, sacralizzata e travisata dai meccanismi manipolativi del potere e della scienza vuota, sembra svuotarsi del significato autentico, lasciandoci in una condizione di continua e alienante ambiguità.

Riconosciamo la centralità dell'esperienza diretta del dolore e del trauma, vissuto nelle carni e nella psiche, e osserviamo come il cosiddetto male radicale si manifesti nelle vite delle vittime, intrappolate in un gioco di dominio e abusi.

In questo quadro di decadenza, analizziamo l'indifferenza contemporanea verso la sofferenza altrui e la progressiva perdita di valori, che lascia l'uomo comune privo di indignazione. Concludiamo domandandoci se, in un'epoca in cui l'uomo liquido è ridotto a un essere domesticato e senza storia, vi sia ancora spazio per un'autentica comprensione dell'essenza, o se siamo ormai inghiottiti dal nichilismo e dall'incapacità di cogliere senso profondo del nostro essere.

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2024-05-25