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Questo scritto mira a delineare alcuni problemi riguardanti l’interazione tra politiche di apertura dei dati nel settore pubblico (Stato, pubblica amministrazione) e politiche sulla scienza aperta. Alcuni problemi riguardano la proprietà intellettuale: diritti di esclusiva riconducibili a brevetti per invenzione, diritti d’autore, segni distintivi, segreti commerciali. Altri problemi concernono il controllo esclusivo dei dati non ascrivibile alla proprietà intellettuale come disegnata dalle normative internazionali e nazionali (proprietà intellettuale in senso stretto), bensì a un controllo esclusivo derivante da forme anomale di proprietà intellettuale (“pseudo-proprietà intellettuale”) e da un potere di fatto connesso alla tecnologia. Un controllo esclusivo che può sommarsi alla (o essere indipendente dalla) protezione legislativa della proprietà intellettuale.
La tesi di questo scritto è la seguente. Oltre a creare infrastrutture pubbliche e a creare standard aperti per testi, dati e codici occorre comprimere e riordinare i diritti di proprietà intellettuale che insistono sui dati. La compressione e il riordino della proprietà intellettuale è uno degli strumenti per provare a diminuire il potere di mercato degli oligopoli dei dati. Da questa politica normativa dipende il futuro dell’autonomia e della libertà delle istituzioni di ricerca (prime fra tutte: le università) e in, ultima analisi, della democrazia.
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Roberto Caso_Open Data_ricerca scientifica_e_ privatizzazione della conoscenza_24 gennaio 2022.pdf
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