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Published January 17, 2022 | Version 1.0
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Dati aperti della ricerca o proprietà intellettuale?

  • 1. Università di Trento

Description

Questa presentazione mira a delineare alcuni problemi e alcune questioni riguardanti l'interazione tra politiche sulla scienza aperta e politiche di apertura dei dati nel settore pubblico (stato, pubblica amministrazione). I problemi e le questioni sui cui si intende focalizzare l'attenzione riguardano la proprietà intellettuale: diritti di esclusiva riconducibili a brevetti per invenzione, diritti d'autore, segni distintivi, segreti commerciali. Altri problemi e questioni concernono il controllo esclusivo dei dati non riconducibile alla proprietà intellettuale come disegnata dalle normative internazionali e nazionali, bensì a un controllo esclusivo derivante da forme anomale di proprietà intellettuale (pseudo-proprietà intellettuale) e da un potere di fatto connesso al potere tecnologico. Un controllo esclusivo che può sommarsi o essere indipendente dalla protezione legislativa della proprietà intellettuale.

Chi è promotore della scienza aperta dovrebbe accogliere con favore l'affermazione del principio di riutilizzabilità dei dati della ricerca (art. 10 dir. 2019/1024/UE, art. 9-bis d.lgs 2006/36). Tuttavia, per come formulato e disciplinato, a cominciare dalla clausola di salvezza "nel rispetto ..." della proprietà intellettuale, il principio rischia di essere inutile. Ciò per diversi ordini di ragione.

a) La scienza aperta è inconciliabile con la continua espansione della proprietà intellettuale. L'Unione Europea a monte, e l'Italia a valle, non mostrano alcuna intenzione di voler invertire la tendenza espansiva della proprietà intellettuale. Anzi, i documenti programmatici - come il Piano di Azione della Commissione UE sulla proprietà intellettuale e la strategia sulla proprietà industriale del Ministero dello Sviluppo Economico - e le ultime normative – ad es. la direttiva 2019/790/UE -,  mostrano esattamente il contrario: l'obiettivo è quello di rafforzare la proprietà intellettuale. Nemmeno la pandemia ha indotto un ripensamento. Basterà qui ricordare che l'Unione Europea figura tra i più strenui oppositori della richiesta di sospensione dei TRIPS (gli accordi sulla proprietà intellettuale nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio), una misura temporanea che non mette in discussione il quadro di fondo.

b) Il principio di riutilizzabilità non prevale sulla proprietà intellettuale, ma al contrario la fa salva (considerando 54-56, art. 1.2 c) e d), art. 1.5) dir. 2019/1024/UE; art. 9-bis d.lgs. 2006/36). A conferma del fatto che, senza un intervento sulla proprietà intellettuale, i margini della sua operatività appaiono alquanto ristretti.

c) Decenni di politiche di finanziamento e valutazione della ricerca hanno esaltato l'idea di premiare la c.d. eccellenza e di instaurare un regime valutativo meritocratico concentrando i fondi su pochi e scatenando una competizione tra ricercatori e istituzioni della ricerca per l'accaparramento delle poche a disposizione. Le tradizionali norme informali della scienza aperta volte al comunismo della conoscenza sono state investite da pressioni volte a tenere per sé i dati. Il ricercatore scientifico, perciò, non è indotto a condividere i dati, ma, al contrario, a tenerli segreti o riservati. Di più, i ricercatori finanziati con fondi pubblici sono incentivati tramite regole valutative e prospettive di guadagno a reclamare diritti di proprietà intellettuale funzionali al trasferimento della tecnologia alle imprese, vero e proprio mantra delle contemporanee politiche dell’innovazione.

d) L'apertura dei dati della ricerca deve tener conto di chi ha la disponibilità delle infrastrutture e del potere computazionale per poterli elaborare. Al momento molte di queste infrastrutture fisiche e logiche sono in mano a oligopoli commerciali che si trovano per la maggior parte fuori dell'Unione Europea. Il tema è ben presente alle istituzioni unionali, ma le misure finora messe in campo non sembrano sufficienti a risolvere il problema. L'apertura dei dati, senza infrastrutture al servizio di tutti, rischia di alimentare il potere degli oligopoli.

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