La fine della pazienza. Con coerenza contro gli atti di violenza di giovani criminali
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L’autrice Kirsten Heisig morì suicida, in circostanze sospette, il 3 luglio 2010, all’età di 48 anni. Quattro settimane più tardi, la Casa Editrice Herder pubblicò il suo saggio, dal titolo “Das Ende der Geduld” che, in pochi giorni, raggiunse -dopo aver già dato avvio ad un acceso dibattito in Germania in seguito ad una anticipazione apparsa sul settimanale Der Spiegel-, la classifica dei libri più venduti con 400.000 copie.
La notorietà della Heisig, oltre che per la sua severità ed inflessibilità come “giudice scomoda” o “giudice di ferro” di Berlin-Neukölln, quartiere multiculturale e ad alta concentrazione criminale della capitale tedesca, è dovuta anche al suo contributo per il ri-modellamento dell’apparato giuridico minorile (“modello Neukölln”), all’attualizzazione della discussione sulla criminalità giovanile nonché al suo impegno attivo anche al di fuori delle aule dei tribunali, dove cercò e trovò il confronto con Polizia, Scuole, Servizi Sociali, Uffici per le politiche giovanili, Centri di recupero, Amministratori pubblici e Rappresentanti della politica Si impegnò, inoltre, ad allacciare contatti e relazioni con diverse Associazioni di emigranti, in special modo, turche ed arabe.
Con linguaggio semplice e diretto e attraverso la narrazione non sensazionalistica di alcuni casi concreti ispirati alla sua esperienza quotidiana, la Herder ci introduce in una realtà di feroce violenza, sopraffazione e degrado dove i protagonisti sono -indifferentemente- giovani di destra e di sinistra, tedeschi e non, benestanti e non, alle prese con fenomeni legati all’immigrazione clandestina e all’integrazione, ai grandi clan della criminalità organizzata ma anche all’impoverimento materiale e morale delle famiglie alle prese con disoccupazione, dipendenze da droghe e alcol, dispersione scolastica, disprezzo del bene pubblico e di tutto ciò che è diverso da sé.
Arrivando alla fine di una catena inesorabile di fallimenti che dimostrano l’inadeguatezza -sebbene con le migliori intenzioni- e, in taluni casi, l’indifferenza delle istituzioni, la Herder dichiara di non sentirsi più all’altezza della sua missione ovvero quella di proteggere e ri-educare giovani minorenni deviati. Né sembra esserlo più neanche lo Stato.
Una realtà che accomuna e preoccupa altre città europee: dalle baby gang di Londra e Glasgow, all’approccio punitivo – pragmatico di Rotterdam fino alle dispendiose strutture e servizi di supporto di Oslo. Traendo il meglio di quanto avviene in altri Paesi, la Heisig conclude con una prospettiva fattiva e propositiva fatta di buone pratiche e politiche sociali di prevenzione e di lotta alla criminalità giovanile, sostenendo la necessità di fare rete e di agire tempestivamente e coerentemente alle Leggi dello Stato da parte di tutte le istituzioni e gli attori coinvolti. L’invito-monito il quale la Herder chiude il suo lavoro: “Tutti insieme dobbiamo riflettere e domandarci dove andrà mai a finire questa società” risale ormai a dieci anni fa ma è oggi quanto mai attuale, non solo in Germania bensì ovunque. Italia compresa.
Il saggio della Heisig si rivolge a tutti gli operatori che lavorano con i giovani e alle istituzioni che devono finalmente prendere atto della brutalità e della diffusione della criminalità giovanile, affrontandola con opportune misure invece di declassarla a pure fenomeno adolescenziale. Ma anche a tutti i Cittadini e le Cittadine che, come auspicava Kirsten Heisig, vogliono che “le future generazioni possano avere le stesse opportunità che abbiamo avuto noi”.
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