Recensione a M. Mustè, Marxismo e filosofia della praxis. Da Labriola a Gramsci
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Se dovessimo coniare una formula capace di riassumere la parabola
del marxismo teorico in Italia nel quarantennio che va dal 1895 (anno di
pubblicazione del primo saggio sul materialismo storico di Antonio Labriola)
al 1935 (anno di composizione delle ultime note dal carcere di Antonio
Gramsci), allora non potremmo fare a meno di ricorrere all’espressione
“filosofia della praxis”. Lungi dal configurarsi come un mero espediente
linguistico, questa formula racchiude infatti il senso complessivo del marxismo
italiano nel significativo passaggio fra Ottocento e Novecento, le cui vicende
sono oggetto della interessante ricostruzione proposta in questo volume da
Marcello Must., autore di svariati studi sulla storia della filosofia italiana, tra
cui vale la pena menzionare le monografie dedicate a Felice Balbo (2016),
Benedetto Croce (2009), Vincenzo Gioberti (2000), Franco Rodano (1993)
e Adolfo Omodeo (1990). Rispetto alle coeve riflessioni europee – ed . questa
la tesi principale del libro – il marxismo italiano pu. rivendicare a buon
diritto una storia a s., in quanto si fece promotore di una prospettiva critica e
originale. La peculiarit. italiana risiederebbe, secondo Must., in una duplice
istanza critica: da una parte, la messa in discussione del materialismo come
nucleo filosofico del pensiero di Marx e la conseguente ricerca di un’altra
fonte capace di restituire il significato filosofico dell’edificio teorico marxiano;
dall’altra, la mediazione del marxismo con la tradizione filosofica italiana, in
modo particolare con pensatori come Bruno, Vico e Machiavelli. Prover. a
restituire le principali coordinate teoriche del volume senza alcuna pretesa di
esaustivit., data la complessit. del tema e la variet. degli autori trattati
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